La linea di ferro si fa racconto. Il paesaggio, ridotto alla sua essenza, diventa visione. Con Paesaggi dell’Immaginario, la Galleria d’Arte Quadrifoglio presenta il nuovo progetto espositivo di Giuliano Cataldo Giancotti, giovane scultore che trasforma la solidità del metallo in disegno poetico, conducendo lo spettatore dentro luoghi sospesi tra realtà e pensiero.
🗓 Inaugurazione: 25 ottobre | ore 18.30
📍 Galleria Quadrifoglio – Via Dante 9, Rho (MI)
📅 Mostra aperta fino al 29 novembre
Chi è Giuliano Cataldo Giancotti
Nato a Berna nel 1990, Giancotti vive e lavora tra Milano e Bergamo. Diplomato con lode in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, ha sviluppato una ricerca che unisce rigore costruttivo e sensibilità poetica.
Il suo linguaggio si fonda sul ferro, materiale che diventa non solo struttura ma anche segno, linea e pensiero. Attraverso esso, l’artista riflette sulla forma, sul rapporto tra architettura e paesaggio, sulla capacità della memoria di trasformare i luoghi in simboli.
“Paesaggi Immaginari”: quando il ferro diventa visione
Nelle opere della serie “Paesaggi Immaginari”, Giancotti disegna il mondo con il ferro: città, monumenti e orizzonti riconoscibili vengono ridotti a forme essenziali, quasi come fossero schizzi sospesi nello spazio.
Sono quadri-scultura che vivono sul confine tra figura e astrazione.
👉 I suoi “paesaggi” non sono rappresentazioni fedeli, ma mappe interiori, luoghi dell’anima che emergono dalla memoria condivisa.
👉 L’essenzialità delle linee favorisce la partecipazione emotiva dell’osservatore, che riconosce un monumento, una città, un profilo urbano — e allo stesso tempo lo reinterpreta secondo la propria esperienza.
👉 Il ferro, normalmente percepito come pesante e rigido, qui si fa leggero, sospeso, quasi etereo.
Ciò che resta è l’idea del luogo, la sua vibrazione poetica, un paesaggio che vive tra ricordo e possibilità.
Un viaggio tra forma ed emozione
Visitare Paesaggi dell’Immaginario significa attraversare una geografia in cui il tempo è fermo e lo spazio è mentale. Non esiste un unico punto di vista: ogni opera è un invito a ricostruire, a soffermarsi, a riconoscere.
È un’arte che non impone, ma suggerisce. Non descrive, ma evoca. Non racconta un viaggio, ma fa nascere il desiderio di intraprenderlo.